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EDITO

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CRACK! ANIMALE. La storia del fumetto è piena di animali. Creature che parlano e vivono vite. In alcuni fumetti esseri umani ed esseri animali condividono lo spazio della storia alla pari, in altri vivono in un pianeta diverso dove esistono solo bestie cui viene fornito un apparato vitale simile al nostro: case, oggetti, mezzi di comunicazione e ragioni di vita. Ci sono illustrazioni e anatomie nella storia dell’arte dedicate a ogni tipo di animale, vero o fantastico che sia. Anche il CSOA Forte Prenestino di Roma brulica di animalità di ogni tipo, ospitate in modo più o meno consapevole. Ma CRACK! ANIMALE non è per nessuna di queste ragioni. Da un lato prosegue la riflessione sul rapporto tra corpo e cibo, e il suo legame con gli aspetti culturali sociali e di sfruttamento ed espropriazione del capitalismo colonialista. E dall’altro ci pone una domanda cui vale la pena di cercare assieme una risposta. Come creature mortali dove dovremmo individuare la nostra umanità e dove la nostra animalità? 

È un meccanismo di divisione binaria che si può riprodurre di volta in volta in qualunque insieme di vite preso in osservazione. È così che funziona il dispositivo colonialista. L’animale in questo quadro non ha individualità né personalità, non presenta complessità di genere, è definito solo per la funzione di riproduzione della merce/carne che rappresenta. E se capiti animale, sei infantilizzato, gestito, controllato, ed eliminato. Come animale sei soggetto al pregiudizio sulla tua vita, oggettualizzato, dotato di un valore di scambio. Alla fine sarai in molti modi accudito, lavorato, da morto. Questa antitesi tra umano e animale è una delle forme della volontà di potere che va sospesa, e solo con le pratiche sociali che possiamo neutralizzare questo dispositivo. Scegliere il Neutro per sfuggire, essere irreperibil3 al potere. Abbattere le strutture di dominio per seguire una via di aggrovigliamento di specie, divenire-animale per tornare ad essere tutt’uno con il mondo. Convivere senza sfruttamento ed espropriazione.

Vic Arrigoni, da Gaza, ci implorava di restare umani (se mai lo siamo diventat3), perché la carneficina diviene genocidio mentre trasforma l’umano in animale. Esseri spogliati di tutto quello che definiamo vita, posti in una condizione di precarietà al limite stesso dell’esistenza: ad ogni animale vengono negati diritti e cura. Anche il lutto è cancellato per ogni essere vivente che, privato della sacralità della morte, si trova ridotta la vita in esistenza, l’animalità in bestiame. Quello che vediamo accadere a Gaza è paradigma del rapporto con l’animale, un rapporto necropolitico, di obliterazione, di messa a profitto di ogni scarto, di ogni resto. È necessario che, una volta di più, si superi il paradigma vuoto dei diritti umani, che ha sostituito la liberazione come discorso dominante.

Come fare appello alla nostra arte, alle ragioni delle nostre vite, per risolvere fuori dalla risposta binaria questa conflittualità? Qual’è il kin, la parentela che vogliamo generare? Come resistere alla spoliazione della vita e neutralizzare le forme distruttive del potere? Orde inumane di CRACK!, bestie delle praterie e delle montagne, esistenze marine e celesti, cosa portate per salvare l’umanità dall’umanità? O per rivendicare le mille specie volanti camminanti vedenti udenti striscianti o volteggianti del nostro desiderio senza fine?

Ci vediamo a CRACK! dal 20 al 23 giugno 2024


[ENG]

CRACK! ANIMAL. The history of comics is full of animals. Creatures that speak and live lives. In some comics, humans and animal beings share the same space of history, in others they live on a different planet where there are only beasts that are provided with a vital apparatus similar to ours: houses, objects, means of communication and reasons to live. There are illustrations and anatomies in the history of art dedicated to all kinds of animals, real or imaginary. The CSOA Forte Prenestino in Rome is also swarming with animalities of all kinds, hosted more or less consciously. But CRACK! ANIMAL is meant for none of these reasons. On the one hand, it continues the reflection on the relationship between body and food, informed by the social cultural aspects of exploitation and expropriation of colonialist capitalism. On the other hand, it poses a question which answer we shall investigate collectively. As mortal creatures, where should we locate our humanity and where is our animality? 

It is a mechanism of binary division that can be reproduced time after time in any set of lives under observation. This is how the colonialist apparatus works. The animal in this framework has no individuality or personality, no gender complexity, it is defined only by the function of reproduction of the commodity/flesh it represents. And if you happen to be an animal, you are infantilised, managed, controlled, and eliminated. As an animal you are subject to the prejudice on your life, objectivised and then endowed with an exchange value. At the end you will be variously cared for, worked on, when dead. This antithesis between human and animal is one of the forms of the will to power that must be ended, and it is only through social practices that we can neutralise this dispositive. Choose the Neutral to escape, to be unavailable to power. Break down the structures of domination to follow a path of species entanglement, becoming-animal in order to be one with the world again. Living together without exploitation and expropriation.

Vic Arrigoni, from Gaza, implored us to remain human (if we ever were human), because the carnage becomes genocide by turning the human into animal. Beings stripped of everything we define as life, placed in a precarious condition at the very limit of existence: to each animal is denied every right, every care. Even mourning is cancelled for every living being that, deprived of the sacredness of death, finds its life reduced to mere survival, animality reduced to livestock. What we see happening in Gaza is a paradigm of the relationship with the animal, a necropolitical relationship, one of obliteration, of profiting from every waste, every remnant. Once more we need to move beyond the empty paradigm of human rights, which has replaced liberation as the dominant discourse. 

How can we appeal to our art, to the reasons for our lives, to resolve this conflictuality outside the binary response? What is the kinship we want to generate? How do we resist the despoliation of life and neutralise the destructive forms of power? Inhuman hordes of CRACK!, beasts of the prairies and mountains, marine and celestial existences, what do you bring to save humanity from the humans? Or to reclaim the thousand walking, seeing, hearing, crawling, or circling species of our endless desire?

See you at CRACK! from 20 to 23 June 2024