Cthulucene
Ci ritroviamo a vivere sulla Terra in tempi confusi, torbidi e inquieti. L’obiettivo è diventare capaci di articolare una risposta accanto a chi, della nostra specie, è troppo sicuro di sé e del mondo. Questi tempi confusi e inquieti traboccano di dolore e di gioia, hanno degli schemi ricorrenti e assai ingiusti di dolore e di gioia, in cui assistiamo non solo alla morte cruenta e superflua dell’esistere e del progredire, ma anche a una necessaria rinascita. L’obiettivo è generare parentele – fare kin – attraverso delle connessioni inventive: pratica necessaria per imparare a vivere e a morire bene, l’uno con l’altro, in un presente così denso. Il nostro compito deve essere fare disordine e creare problemi, scatenare una risposta potente dinanzi a eventi devastanti, ma anche placare le acque tormentate e ricostruire luoghi di quiete.
In tempi così critici, molti di noi hanno la tentazione di credere che il problema coincida con la costruzione di un avvenire sicuro, con l’idea di evitare che accada qualche evento che incombe minacciosamente sul domani, con la necessità di sgomberare il passato e il presente in modo da creare futuri per le generazioni a venire. Per restare a contatto con il problema non è necessario avere un rapporto di questo tipo con quel tempo che di solito chiamiamo futuro. A dire il vero, restare a contatto con il problema richiede la capacità di essere veramente nel presente, ma non come un evanescente anello di congiunzione tra passati terribili o idilliaci da un lato e futuri salvifici o apocalittici dall’altro: bisogna essere presenti nel mondo in quanto creature mortali interconnesse in una miriade di configurazioni aperte fatte di luoghi, epoche, questioni e significati.
Donna Haraway – Chthulucene
Staying with the Trouble
We—all of us on Terra—live in disturbing times, mixed-up times, troubling and turbid times. The task is to become capable, with each other in all of our bumptious kinds, of response. Mixed-up times are overflowing with both pain and joy—with vastly unjust patterns of pain and joy, with unnecessary killing of ongoingness but also with necessary resurgence. The task is to make kin in lines of inventive connection as a practice of learning to live and die well with each other in a thick present. Our task is to make trouble, to stir up potent response to devastating events, as well as to settle troubled waters and rebuild quiet places.
In urgent times, many of us are tempted to address trouble in terms of making an imagined future safe, of stopping something from happening that looms in the future, of clearing away the present and the past in order to make futures for coming generations. Staying with the trouble does not require such a relationship to times called the future. In fact, staying with the trouble requires learning to be truly present, not as a vanishing pivot between awful or edenic pasts and apocalyptic or salvific futures, but as mortal critters entwined in myriad unfinished configurations of places, times, matters, meanings.
Donna Haraway – Staying with the Trouble